Pillole di antropologia

Insegnare e apprendere con l’Ironia. L’importanza di un pensiero complesso nella società del XXI secolo

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17/10/2019

All’interno di uno scenario mondiale complesso e mutevole, l’educazione reca in sé l’energia necessaria a determinare una rigenerazione sia sociale che umana, fondata sulla flessibilità, sulla capacità di far fronte all’incertezza e adattarsi al cambiamento. Si fa dunque sempre più urgente l’esigenza di ripensare ad un nuovo progetto di uomo e di cittadino: attivo, critico, consapevole, capace di coltivare il dubbio e di affrontare il cambiamento, dunque in grado di “imparare a vivere” (Morin, 2015).

«Cosa fare allora se anche l’educazione entra in crisi? Come comportarci di fronte a studenti che faticano ad apprendere perché demotivati e infelici all’interno di uno spazio chiuso, grigio e poco stimolante? Quali saperi e competenze di vita un giovane dovrebbe acquisire nel corso del suo processo formativo, tra scuola e famiglia?»

Se caliamo queste domande all’interno del contesto classe, si fa evidente la necessità per un insegnante di disporre di strumenti adeguati a educare alla complessità e, allo stesso tempo, favorire l’apprendimento. Si sa, infatti, che si apprende meglio e con più facilità se lo si fa all’interno di un clima piacevole e gioioso. Molte ricerche sottolineano come un ambiente di apprendimento “caldo”, faciliti l’apprendimento del bambino e del ragazzo. Questo perché conoscenza ed emozioni sono strettamente legate l’una all’altra.

Alla luce di queste due necessità potremmo dire che occorre valorizzare un tipo di didattica che sappia avvalorare l’aspetto più “emozionale”, favorendo la collaborazione e la solidarietà tra allievi e disincentivando la competizione. Da questo punto di vista è importante dunque alternare alla lezione frontale, generalmente “passiva” e unidirezionale, una metodologia didattica dove l’aula diviene una sorta di officina, di bottega artigiana – di laboratorio per l’appunto – dove gli studenti hanno modo di sentirsi protagonisti all’interno del processo di apprendimento, attraverso l’esperienza diretta e “compiti di realtà”.

L’altro aspetto per un apprendimento efficace risiede invece, come dicevamo, nel clima che si vive all’interno della classe. È qui che bambini e bambine imparano a convivere con gli altri, a misurarsi con la “diversità”, ad aprirsi al dialogo e al confronto dialettico con l’altro, in altre parole questa rappresenta il primo e più importante ambito di socializzazione. Da questo punto di vista l’insegnante dovrebbe divenire un “facilitatore di relazioni”, tra bambino/a e bambino/a, ma anche tra adulto e bambino/a.

Riportare al centro dei processi formativi l’ironia, ha come obiettivo quello di favorire un miglioramento della didattica quotidiana a beneficio del benessere di insegnanti e alunni. Come teorizzato da molti psicologi cognitivi, tra cui la prof.ssa Daniela Lucangeli, la cosiddetta “warm cognition” o “apprendimento caldo” consente all’alunno di apprendere meglio e più velocemente proprio attraverso il sorriso. In altre parole si impara di più quando si è felici e ci si diverte. È tempo dunque di superare la dicotomia esistente tra cognizione ed emozioni, legando l’apprendimento anche a ciò che concerne la sfera emotiva.

Una pedagogia basata sull’ironia appare importante in questo processo, in quanto costituisce una valida risorsa nell’esercizio dell’attività educativa, sia per quanto riguarda gli aspetti relazionali sia rispetto all’apprendimento in generale. L’ironia determina infatti il costituirsi di atteggiamenti che hanno a che fare con la solidarietà, la coesione, il dialogo e l’inclusione, ma anche l’adattabilità, la resilienza e la messa in discussione. In un quadro simile, l’ironia si configura come un esercizio dialettico che ci aiuta a scegliere, a riconoscere le illusioni, ad affrontare gli errori e le incertezze, ad aprirci al cambiamento e a comprendere la complessità che ci circonda. In altre parole l’ironia – intesa come categoria pedagogica – può fornire un proprio personale contributo alla costruzione di una cittadinanza attiva e consapevole. Rappresenta infatti una via di accesso privilegiata alla conoscenza dell’altro in quanto ci abitua alla messa in discussione di noi stessi. Questo risulta particolarmente importante in un momento i cui prevalgono visioni seriose dell’identità. Se Nietzsche diceva che occorre «ridere la verità», potremmo allargarci alla sfera sociale e insegnare a «ridere le culture», per aprirsi ad esse e contrastare così facendo immagini rigide e stereotipate dell’altro. Oggi per essere cittadini del mondo, è necessario attrezzarsi di un habitus ironico.

Di qui l’obiettivo del corso di formazione che propongo ai docenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, “Insegnare e apprendere con l’ironia”. Ritengo infatti fondamentale riportare l’ironia all’interno dei processi formativi e coltivarla già a partire dall’infanzia. Il percorso intende educare gli stessi docenti all’uso di un approccio ironico per poi trasmettere le conoscenze e gli strumenti acquisiti ai propri alunni. Se consideriamo infatti l’ironia come una forma di intelligenza che può e dovrebbe essere educata, l’insegnante dovrà imparare ad incidere – attraverso stimoli interni ed esterni – sulle strutture cognitive degli studenti. L’ironia può dunque rivelarsi un interessante strumento in grado di adattarsi alle esigenze dei ragazzi, i quali possono a loro volta imparare a maneggiarlo. Durante il corso si cerca pertanto di creare “situazioni di apprendimento” in modo da reperire il materiale di insegnamento direttamente da esperienze concrete. Tutto ciò rafforza la consapevolezza di sé, mettendo gli alunni di fronte ai propri limiti, così come ai propri punti di forza, in altre parole abituandoli alla messa in discussione di sé stessi. L’obiettivo è quello di aiutarli ad acquisire tutte quelle competenze che sono alla base di una convivenza autenticamente democratica, cioè caratterizzata da atteggiamenti orientati alla negoziazione, al dialogo, al confronto, al pluralismo, all’empatia e al rispetto dell’altro. L’educazione dovrebbe infatti rendere gli individui agenti critici di cambiamento sociale, economico e politico, a partire da una responsabilizzazione personale dei propri comportamenti e azioni (Dewey, 2014).

Per farlo, l’intero percorso mette in relazione l’ironia – intesa come categoria pedagogica – con lo sviluppo delle cosiddette life skills o competenze di vita, all’interno dei percorsi educativi: autoconsapevolezza, gestione delle emozioni e dello stress, senso critico, decision making, problem solving, creatività, comunicazione efficace, capacità di relazioni interpersonali ed empatia. Il quadro teorico di riferimento è quello del documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “Life Skills education in schools[1]” (WHO, 1993), e – per quanto riguarda invece il sistema scolastico italiano – le Indicazioni Nazionali della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2012[2] e le Indicazioni Nazionali e Nuovi scenari del 2018[3] che focalizzano la loro attenzione sullo sviluppo delle competenze di cittadinanza per affrontare consapevolmente i cambiamenti e le sfide future.

[1] Il documento è consultabile qui: http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/63552/1/WHO_MNH_PSF_93.7A_Rev.2.pdf

[2] Il documento è consultabile a questo link: http://www.indicazioninazionali.it/documenti_Indicazioni_nazionali/indicazioni_nazionali_infanzia_primo_ciclo.pdf

[3] Il documento è consultabile a questo link: http://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Indicazioni+nazionali+e+nuovi+scenari/3234ab16-1f1d-4f34-99a3-319d892a40f2

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